L'ippoterapia è una parte di quell'ambizioso progetto chiamato Pet-Therapy che si basa sull'interazione tra essere umano e animale per indurre nel paziente sicurezza, senso di protezione e autostima. Inoltre è scientificamente dimostrato come il contatto con un'animale che può essere un cane, un gatto, un delfino o, nel nostro caso un cavallo, contribuisca ad abbassare la pressione arteriosa, a stimolare le difese immunitarie, a diminuire il livello di ansia e stress e quindi, sostanzialmente, a un miglioramento delle condizioni di vita. Molti esperimenti hanno quindi dimostrato che l'affetto di un'animale aiuta a ritrovare il sorriso e a distrarre la mente dai problemi quotidiani. Un primo esempio si ha alla fine del XVIII secolo in una casa di cura a York in Inghilterra, dove i malati di mente, sottratti alle condizioni inumane dei manicomi del tempo, imparavano l'autocontrollo prendendosi cura di animali domestici. Un programma simili si ebbe in Germania a Biefeld nel 1867, dove l'esperimento fu condotto su malati di epilessia. E ancora nel 1944, in una cittadina vicino a New York, soldati dell'aeronautica ricoverati venivano fatti lavorare in fattorie a contatto con gli animali. Ma solo a partire dal 1962 lo psicologo dimostrò "ufficialmente" come un animale poteva indurre in un malato autostima e compensare le mancanze d'affetto. La Pet-Therapy, come già accennato, utilizza più animali, ma il cavallo è particolarmente indicato per correggere disordini motori, per aiutare persone affette da patologie neurologiche o muscolari, da sclerosi multipla o da lesioni cerebrali. Andare a cavallo infonde un grande senso di indipendenza, fiducia in sé, autostima, e il movimento che si esegue nel trotto, influisce positivamente sul tono muscolare facilitando la riabilitazione motoria. Sono stati usati anche gli asini per la loro particolare dolcezza e pazienza. In Italia questa pratica è ancora poco conosciuta, ma un primo passo ha consentito all'ippoterapia di godere di convenzioni con il servizio sanitario nazionale.
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